Giuseppe Tangorra
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In seno alla società araba tradizionale ciascun individuo è distinto da un insieme di qualifiche che determinano molto precisamente la sua identità.
Il "nome proprio", ricevuto alla nascita, non è che il primo degli elementi costitutivi della sua persona.
L'Islam vieta però di imporre nomi o soprannomi peggiorativi o che ne caratterizzino difetti fisici.

In Turchia, in un paesino in cui è presente la difficile frontiera tra Turchia e Siria, abbiamo conosciuto un ragazzo che, nonostante sia cieco dalla nascita caratterizza in pieno il significato del suo nome.
Siamo stati accolti da sua mamma e la sua famiglia in casa per diverso tempo e lungo tutto l'arco temporale in cui siamo rimasti con lui è stato in ginocchio, spesso con le mani in preghiera, solo saltuariamente comunicando con noi (ovviamente questo elemento è frutto anche della sua disabilità);
successivamente si è fatto sistemare il suo Sajjada, il tappeto da preghiera, in direzione La Mecca incominciando a fare una delle sue 5 preghiere quotidiane.
In principio era contrario al farsi fotografare, chiamando la fotografia ḥarām (comportamento vietato dalla fede islamica). Però poi, senza insistere in realtà, si è lasciato andare, regalandomi qualche minuto per i miei scatti.

Il suo nome in arabo è Alâ'u-d-Dînعلاء ال ّدين (Aladin) e cioè "la nobiltà, la grandezza della religione".

La sua famiglia è siriana, scappata dalla sua terra d’origine per sfuggire all’ISIS nel 2015. Sono 9 figli più sua mamma e suo papà e lui è l’unico disabile. Vivono in una casa estremamente ordinata, cosa non straordinaria qui in questa zona e come sempre ci è capitato in questo viaggio, siamo stati accolti in casa con una naturalezza disarmante, quasi fossimo di famiglia.

Il loro passato non è stato gentile con loro, come è evidente, ma ora riescono ad essere più tranquilli anche grazie al “kimlik”, un permesso che la Turchia offre ai rifugiati siriani per avere istruzione ed assistenza Sanitaria.
I rifugiati provenienti dalla Siria in Turchia costituiscono una delle più grandi comunità di rifugiati nel paese. Dopo l'inizio del conflitto in Siria nel 2011, milioni di siriani hanno cercato rifugio qui a causa della vicinanza geografica e della relativa stabilità del paese.

Secondo le stime dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), alla fine del 2021 c'erano più di 3,6 milioni di rifugiati siriani registrati in Turchia e la maggior parte dei rifugiati si trova nelle province di confine, come Hatay, Gaziantep, Kilis e Sanliurfa, provincia da noi visitata.
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